RITRATTO IN JAZZ DI UN ARTISTA - MARCO DI MARCO

E' l'avvenimento di questo inizio secolo: il jazz ha ormai, molto spesso, l'accento italiano. Questa rivoluzione di palazzo, si suppone, non è stata fatta in un giorno. Nel corso di numerosi decenni, è occorso che dei grandi artisti ai quali il mondo non era necessariamente disposto a prestare attenzione, si siano sforzati a vincere i preconcetti, a dissipare l'indifferenza e- niente è più difficile - a imporre ciò che non saprebbe fare l'oggetto di alcuna obbligazione: la loro poesia." My Poetry" è appunto il titolo di un memorabile disco di Marco Di Marco.

Questo pianista, che si fece conoscere internazionalmente negli anni 60, fu fra questi veterani. Plasmando la sua arte, di cui non ha mai cessato di raffinane i rilievi e di moltiplicarne le sfumature, ha aperto la strada a quella degli altri. Un mezzo secolo più tardi, egli rimane uno dei più solidi pilastri del jazz peninsulare, al tempo stesso uno dei suoi efficacissimi ambasciatori. Così Parigi, poi New York e Londra sono state fino ad oggi le città dove ha realizzato il più grande numero delle sue registrazioni. A Manhattan, Marco, come ogni jazzman, è risalito alle fonti del suo immaginario. Il più bello della storia tuttavia tiene al fatto che, dal canto suo, abbia saputo far sognare Manhattan.

Prova ne è che, fin dal 1981, egli è stato l'ospite della più prestigiosa delle sale da concerto americane, la Carnegie Hall, dove aleggiano le grandi ombre di Duke Ellington, Louis Armstrong, Charlie Parker, Stan Getz, Miles Davis, John Coltrane, Billie Holiday, fra gli altri.

Così come egli ha inserito il suo nome in una stirpe di pianisti fondata da Count Basie, James P. Johnson, Meade Lux Lewis, Pete Johnson, Albert Ammons (nel 1938), prima di una sfolgorante prestazione di Oscar Peterson (nel 1949), che determinò tutta la carriera del Canadese negli Stati Uniti."EVENT",un CD Modern Jazz Record (MJC-0606) pubblicato nel 2006, custodisce la memoria di un recital tanto più commovente che si presenti anche attraverso il suo programma (Time Remembered, Nardis, Israel, Blues for Bill ), per l'atmosfera, i giochi d'ombra e luce dove si impregnano le numerose interpretazioni ( per esempio Lungo la Senna dello stesso Di Marco ), come un omaggio senza la minima servilità a Bill Evans, scomparso qualche mese prima. Dopo questa serata, Di Marco è andato ancora più lontano nell'esplorazione del proprio universo. Nondimeno, EVENT rende pienamente giustizia a tutte le qualità senza le quali una evoluzione simile non sarebbe stata possibile: una sensibilità raffinata; una sensualità decantata, ma sempre presente; un fascino che, per suo volere discreto, non ne è meno sconvolgente; una freschezza melodica rinnovata in continuità; una mescolanza, forte rara, di delicatezza e di generosità, di effusione e di controllo.In questo senso, questo CD propone, nell'opera del suo autore, contemporaneamente un bilancio di tutte le conquiste passate e un punto di riferimento per tutte le conquiste a venire.

Praticamente ne simboleggia il centro di gravità.Per di più, egli offre un esempio di ciò che debba essere,alla tastiera, un percorso in solitario.In questo genere di esercizio bisogna osare tutto, ma non permettersi tutto. Sapere fino a dove arrischiarsi, tenere salda la barra nelle tempeste che se stesso ha sollevate. Marco appare qui come uno skipper di prima forza. E come uno di coloro che non fanno niente senza eleganza.Raccomanderei volentieri di abbordare questo recital dalla fine. Sul tema di " Why did I choose you? " che fece anche parte del repertorio di Evans, si capisce particolarmente bene come il creatore s'insinua nella sua creazione e distilla la quintessenza della sua arte in modo insidioso che fa del riserbo una forma paradossale, estremamente preziosa, di fecondità estetica. Un musicista capace di ciò non sarà mai più capace di deludere.

Alain Gerber - Scrittore e critico di Jazz



home| top | ©2011 Marco Di Marco - All right reserved